Medusa, the meta-monumentum

Medusa, the meta-monumentum

Dimensioni

Ø 34 cm

Anno

2024

Materiale

Vetro di Murano, foglia d'oro 24 K. e smalti

Tecnica

Graffito

Prezzo

Su richiesta

Autore

Riccardo Toso Borella

oppure

Breve descrizione

L’opera di Riccardo Toso Borella, ispirata al mito di Medusa, pone l’accento sul legame tra monumento, memoria e pietrificazione. L’artista, attraverso il medium del vetro, ritrae Medusa come simbolo supremo della monumentalizzazione, ma al contempo ne sottolinea la fragilità e la perdita di potere. L’opera esplora il passaggio dalla materia granitica alla fragilità del vetro e dall’occhio vigile di Medusa allo sguardo vitreo e morto. Attraverso la decapitazione, è proprio l’impresa di Perseo a rendere Medusa immortale come simbolo della memoria. L’artista, infine, evidenzia la vuotezza di questo simbolo e la sua trasformazione in un’icona dalla valenza esclusivamente umana.

Descrizione

Prima premessa: monumento e memoria sono termini estremamente legati anche dal punto di vista etimologico, poiché il primo deriva dal latino monere, il secondo dal latino memor. Entrambi hanno il significato di ricordare, e in un certo senso il monumento è la forma esteriore materiale della facoltà mentale della memoria. Infatti quando l’uomo vuole preservare la memoria di qualcosa egli la monumentalizza, la pietrifica. Essa ha maggiore possibilità di resistere al tempo di quanto non possa fare l’uomo.

Seconda premessa: il simbolo mitologico del pietrificare è nella grecità la Medusa, una delle tre Gorgoni. Nel mito Perseo, figlio di Zeus, le taglia la testa, servendosene per salvare Andromeda.

Tenendo conto delle premesse succitate si può quindi dire che in quest’opera – ispirata al dipinto di Caravaggio – Riccardo Toso Borella ritragga quindi il più alto simbolo del pietrificare – e quindi del ricordo – e lo fa attraverso però il vetro. L’operazione artistica condotta è infatti quella di ritrarre l’agente supremo del “monumentalizzare”, e ritraendolo, monumentalizzarlo esso stesso. Vi è però una ulteriore dinamica legata al medium, che dal gravitare attorno all’elemento granitico, cristallino e petroso è tradotto nell’elemento amorfo e fragile del vetro.

Questo passaggio di senso oltreché di materia, viene ulteriormente esplorato nello sguardo, che è per l’appunto vetrificato. È lo sguardo a caricare di drammaticità l’opera di Toso Borella in confronto al modello caravaggesco, poiché alla Medusa non è stata solo tagliata la testa, ma le è stata tolta anche la sua stessa prerogativa. La Medusa ora non è più vigile mentre contempla il suo essere decapitata, ma sembra a tutti gli effetti morta. A trapassare col suo sguardo è quindi anche il suo potere. Il processo di “reificazione” è quindi arrivato al termine.

A ben guardare però, è stata l’impresa di Perseo a rendere immortale la figura di Medusa: è stata la storia di Perseo a rendere perenne la Medusa in quanto simbolo del “mantenere la memoria”. Il testimone, la fiaccola di questo potere eternatore ritorna quindi all’uomo, dove in realtà è sempre stato, che con le sue gesta non fa altro che impossessarsi nuovamente del proprio potere monumentalizzante, che aveva prima relegato ad una figura mitologica da lui elaborata.

L’artista ritrae quindi la vuotezza di quello che alla fine è solo un simbolo di un potere non già divino, ma tutto umano, e il vuoto è dato, oltreché dalla perdita dello sguardo di Medusa, dalla trasparenza del vetro, nel quale il senso è imbrigliato, eppure libero di mostrarsi.

L’oro infine, l’elemento non corruttibile per eccellenza, consolida ulteriormente questa dimensione di trascendenza e fissità, e preserva le fattezze di una figura che ha esaurito il suo senso nell’orizzonte di senso umano, una figura di cui quest’opera meta-simbolica celebra il momento funebre.

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