La tecnica
Niente di nuovo si può creare se non si impara come si è fatto prima tutto il resto.
La tecnica con cui Riccardo Toso Borella realizza le sue opere si chiama “Graffito” e consiste nell’incisione di precisione della lamina dorata applicata su vetro. Alcuni esempi di manufatti creati con questa tecnica provengono dal mondo dell’antica Roma. Venezia, in stretti legami con Bisanzio fin dalla propria origine, seppe essere terra feconda per ereditare questo patrimonio artistico.
Oltre il carattere artigianale del gesto tecnico si cela un lavorio concettuale continuo. È ciò che eleva ciò che faccio ad “Arte”.
Il Vetro Dorato
Come si legge in Artists Techniques and Materials, Getty Pubblications, 2006, la foglia d’oro è perfetta per donare brillantezza al vetro trasparente. Il vetro dorato può essere decorato tramite sgraffito, dipinto con smalti o arricchito con strati trasparenti. Questa tecnica, nata nell’Egitto faraonico, fu molto apprezzata nel periodo paleocristiano e riscoperta da Johann Kunckel, che la rese popolare tra gli artigiani boemi dalla seconda metà del XVII secolo, protraendosi per tutto il XVIII. Ancora oggi viene utilizzata per realizzare piatti decorativi. I termini “vetro dorato” e “fondo dorato” descrivono un tipo di decorazione comune nel III e IV secolo d.C. per ornare coppe, bicchieri e oggetti di lusso. La foglia d’oro, posta tra due strati di vetro trasparente, riportava iscrizioni e rappresentava ritratti, scene bibliche o temi mitologici. La tecnica impiegata è ancora incerta, ma sembra che la foglia d’oro venisse applicata sotto il fondo dell’oggetto e incisa con punte metalliche sottili; alcuni dettagli erano poi colorati per evidenziare i disegni. Questa decorazione veniva infine coperta con un sottile strato di vetro trasparente, per proteggere l’oro durante l’esposizione al calore; a questo punto, l’oggetto veniva inserito e pressato in un secondo contenitore soffiato, fuso nella fornace. Questa tecnica delicata e complessa cadde in disuso, fino a quando Kunckel la ripropose a fine XVII secolo come Zwischengoldglas (vetro con doppia doratura), ampiamente usata dagli artigiani boemi per dorare il fondo e l’esterno del vetro per tutto il XVIII secolo.
Negli usi moderni di questa antica tecnica per prima cosa viene applicato uno strato di smaltite, grasso e olio di trementina, che si combinano in una colla molto appiccicosa che viene lasciata riposare finché, quando viene toccata leggermente, non emette un suono distintivo (noto come “vetro che canta”). La foglia d’oro, applicata sopra lo strato viscoso, viene incisa con un ago e decorata con smalto. La lastra viene poi posta in un forno a muffola e cotta a 530° C, una temperatura alla quale gli oli contenuti nella colla evaporano e l’oro si fonde saldamente al supporto di vetro.