I Toso Borella

La storia della famiglia

La famiglia Toso (o Tosi) si distinse nella vita pubblica e artistica dell’isola di Murano ricoprendo posizioni di prestigio perfino nella sfera ecclesiastica, come nel caso di Giovambattista Toso, prete della parrocchia di S. Donato della fine del XVIII secolo, e divenne nel tempo molto numerosa. Si andarono quindi a creare, in un contesto ristretto come quello muranese, vari soprannomi caratteristici per differenziare i diversi rami della famiglia l’uno dall’altro. Il ramo dei “Borella” è uno di questi.

I Toso Borella divennero famosi nell’arte della pittura su vetro e in quella della fabbricazione delle elaborate cornici dei famosi specchi veneziani. Diversi furono gli esponenti di spicco della famiglia, ma in particolare vanno ricordati i fratelli Angelo e Francesco Toso Borella, suo figlio Vittorio e le sorelle di questi Rosalia, Linda, Alice, e Amalia. Nel secondo dopoguerra la vena artistica vetraria dei Toso Borella sembra indebolirsi in favore dell’altra peculiarità della famiglia, l’arte dei “marangoni” ovvero dei falegnami.

L’attività si orienta perciò più verso la costruzione di imballaggi e di strutture lignee per specchi, ricevendo anch’essa premi e riconoscimenti internazionali. Fu Marco Toso Borella negli anni ’70 che, autodidatta come Francesco, seppe recuperare la tradizione artistica dei suoi antenati, elevando l’arte decorativa su vetro ad un rango pittorico, creando veri e propri quadri su vetro. Riccardo Toso Borella si inserisce in questo contesto come l’ultimo degli esponenti della famiglia che è anche interprete dell’arte dei Toso Borella, cui ha sempre guardato con rispetto, fascino e ammirazione.

Un po’ come Vittorio con suo padre Francesco prima di lui, Riccardo guarda a suo padre Marco come mentore e maestro, in una dinamica di continuazione ed innovazione generazionale, di riconoscimento e di invenzione artistica che è sia unica, sia tratto ereditario.

Un’arte di famiglia, gli interpreti d’eccezione

1997

Riccardo Toso Borella

Riccardo esegue la sua prima opera su vetro all’età di 7 anni spinto dal padre Marco che lo educa alle arti e alla musica. Si dedica propriamente all’arte di famiglia intorno ai 18 anni, intraprendendo un lungo apprendistato col padre che gli svela tutti i segreti del mestiere. Figlio e padre iniziano a collaborare professionalmente nel 2023 quando Riccardo apre la sua personale ditta “l’Arte dei Toso Borella”.

Con la sua supervisione, Riccardo si dedica alla realizzazione di numerose opere tratte dalla storia dell’arte, e in quest’ottica va ricordata la significativa commessa del padre da parte di un privato giapponese della serie di 100 piastre dello Hyakunin Isshu. Hyakunin Isshu, letteralmente “cento uomini, una poesia [per ciascuno]”, è un tipo di raccolta di waka (“poesia giapponese”) formata da cento poesie scritte da cento poeti diversi. La raccolta più famosa risale al periodo Kamakura (1185-1333).

Nel 2024, riprendendo la storia di famiglia e le innovazioni del padre, Riccardo realizza autonomamente per la Mazzega Glass Factory di Murano un Vaso Trionfo con un episodio tratto dall’incisione di Doré “Il Don Chisciotte alla sua prima sortita”, Riccardo fonde così la tridimensionalità della tradizione dell’arte decorativa che già praticavano i suoi antenati e la bidimensionalità dell’opera d’arte da galleria conferita dal padre alla produzione in graffito.

Nello stesso anno e sempre per la Mazzega Glass Factory realizza uno splendido piatto con la Medusa di Caravaggio. Caratteristiche del suo stile sono una grande attenzione ai dettagli e un sapiente uso del tratteggio, che matura attraverso lo studio delle incisioni. Riccardo si contraddistingue tra gli artisti incisori su oro per la sua grande capacità di tradurre nel tratteggio il chiaroscuro dei colori e le sfumature delle ombre, cosa che lo rende, nonostante la giovane età, uno dei più dotati maestri che si siano visti a Murano.

1962

Marco Toso Borella

Sarà un adolescente e autodidatta Marco Toso Borella, verso la fine degli anni ’70, a riscoprire e recuperare quella tradizione artistica dei suoi antenati, lasciata in disparte dopo il secondo dopoguerra, ed elevandola ad un livello superiore di vera e propria arte pittorica. Le sue opere non sono più infatti incise su vasi o bicchieri, ma quadri su vetro a tutti gli effetti.

Oggi è considerato il massimo esponente internazionale dell’antica tecnica artistica che appartiene alla sua famiglia da sei generazioni e per la quale è citato anche nella pubblicazione Artists Techniques and Materials pubblicata nel 2006 da The J. Paul Getty Museum di Los Angeles, unico artista vivente del volume, affiancato a artisti del calibro di Leonardo Da Vinci, Michelangelo, Giotto.

I soggetti delle sue creazioni sono principalmente metafisici, ricchi di simbologia che attinge dalla mitologia classica. Elaborazioni della contemporaneità narrata attraverso una tecnica antica. Le sue opere sono conservate in collezioni private di tutto il mondo e due sono esposte anche nel Museo del Vetro di Murano (Trittico Metropolitano, Connessioni ed Elementi). Dal novembre 2016 nella Basilica dei SS. Maria e Donato nell’isola di Murano è esposta la sua Via Crucis in vetro, un capolavoro unico al mondo nel suo genere, composto da 15 icone in vetro decorate con graffiti su foglia d’oro e smalti, raffiguranti le 14 stazioni tradizionali della Via Crucis più una quindicesima raffigurante la Resurrezione. Le immagini della Via Crucis in vetro di Murano sono state scelte dal Patriarca di Venezia Francesco Moraglia per illustrare la sua pubblicazione “Via Crucis. La sapienza della croce” (Marcianum Press, 2019).

Durante la Quaresima del 2021, le sue stazioni hanno accompagnato la trasmissione settimanale della Via Crucis su TV2000, televisione della Conferenza Episcopale Italiana. Per un committente privato giapponese ha realizzato un’opera maestosa, il Progetto Kansai, composto da 20 lastre in vetro di Murano, di dimensioni 75×50 cm, che riproducono fedelmente un’antica opera giapponese del X secolo ispirata a “Il racconto del tagliatore di bambù”, considerata la più antica fiaba giapponese. Nel 2023 ha poi realizzato, avvalendosi della collaborazione del figlio Riccardo, 100 lastre che traspongono le poesie dello Hyakunin Isshu, letteralmente “cento uomini, una poesia [per ciascuno]”, un tipo di raccolta di waka (“poesia giapponese”) formata da cento poesie scritte da cento poeti diversi. La raccolta più famosa risale al periodo Kamakura (1185-1333).

Marco Toso Borella oltre ad essere un artista su vetro, è anche compositore, arrangiatore, cantante, direttore del coro più numeroso d’Italia (e d’Europa) con più di 250 elementi.

È scrittore di saggi storici e romanzi tra i quali ricordiamo: Stemmi di famiglie Muranesi, Venezia, La Bacchetta Magica 2001; Lo Stemma della Magnifica comunità di Murano…, Venezia, ASSCUM, 2003; I Dossali di San Zuanne… “a percorrer la meraviglia”, Venezia, Isola Invisibile, 2009; Venezia 1989, il Serenissimo Principe fa sapere che…, Ed. Supernova 2003, romanzo ucronico trasposto anche in versione cinematografica nell’omonimo film “Venezia Impossibile, presentato nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia nel 2013”; Padroni e Pedine (scacchi a chi?), Ed Supernova, 2005.

Massimo conoscitore della storia e dell’arte della sua isola.

1878–1915

Vittorio Toso Borella

Fu Vittorio (1878–1915) che seguì degnamente le orme del padre. Egli, infatti, fu autore apprezzatissimo di vasi e bicchieri in stile Art Nouveau che lui continuava a firmare con la sigla V. T. B. o V.T.Borella. (Glass of the Bell Tower; Portrait of Giosuè Carducci).

La fama dei Toso Borella fruttò caricature (caricature from magazine “Sior Tonin Bonagrazia”), articoli e ritratti su giornali dell’epoca che videro anche parecchie inserzioni della ditta “Vittorio Toso Borella” (advertising of V.T.B. Company).

1846-1905

Francesco Toso Borella

Verso la fine del XIX secolo, dopo aver conosciuto una decadenza durante i domini napoleonico ed asburgico, l’arte vetraria muranese conobbe una rinascita. Si dedicarono all’appena riscoperta decorazione a smalto su vetro diversi maestri muranesi quali Giovanni Albertini, Leopoldo Bearzotti, Antonio Tosi. Tra loro, un posto di rilievo lo merita Francesco Toso Borella.

Francesco, autodidatta, falegname in giovane età, fonda a Murano il primo studio di pittura e doratura sul vetro. Nel 1873 donò al Museo Vetrario uno splendido piatto ornato a smalti. Raccolse premi e riconoscimenti internazionali a partire dal 1888 (diverse medaglie d’oro e una di bronzo che però rifiutò) e realizzò nella sua isola forse i più bei vetri decorati del suo tempo.

In questa ottica vanno citate alcune coppe rosso-violacee decorate a smalti e foglia d’oro graffita; due di queste sono conservate tuttora presso il Museo Vetrario di Murano. Sono firmate seguendo la maniera tipica dei Toso Borella: con le iniziali F(rancesco). T(oso). B(orella).
Nel 1900, Francesco partecipò all’Esposizione Universale di Parigi, ottenendo riconoscimenti che gli valsero fama ed onori. Le sue opere furono apprezzate in tutto il mondo, alla pari di quelle dei grandi Gallè, Daum e Lalique.

Nel 1901, decorò per la Casa Reale dei Savoia 1100 bicchieri in stile floreale che, in onore alla committente, saranno denominati “Regina Margherita”. La fama dei Toso Borella indusse le massime autorità a commissionare loro lavori di grande prestigio. Lo stile tipico della decorazione di Francesco differiva da quelli coevi per la grande raffinatezza dei colori e per la delicatezza del segno.

Francesco riprodusse, con la collaborazione dei figli Vittorio, Alice, Linda, Emma e Rosalia, una coppa medievale decorata trovata a pezzi tra le macerie del campanile di San Marco crollato nel 1902, coppa che venne presentata all’Esposizione Mondiale di St. Louis, U.S.A., nel 1903.

1844-1920

Angelo Toso Borella

Fratello maggiore di Francesco, divenne famoso in tutto il mondo per la realizzazione di splendidi specchi veneziani. A testimonianza della sua maestria alcuni diplomi ottenuti in numerose esposizioni internazionali.

Niente di nuovo si può creare se non si impara come si è fatto prima tutto il resto.

La tecnica con cui Riccardo Toso Borella realizza le sue opere si chiama “Graffito” e consiste nell’incisione di precisione della lamina dorata applicata su vetro. Alcuni esempi di manufatti creati con questa tecnica provengono dal mondo dell’antica Roma. Venezia, in stretti legami con Bisanzio fin dalla propria origine, seppe essere terra feconda per ereditare questo patrimonio artistico.

Le opere

  • Medusa, the meta-monumentum

    Medusa, the meta-monumentum

    Ø 34 cm

    2024

    Vetro di Murano, foglia d'oro 24 K. e smalti

  • The Triumph of Don Quixote

    The Triumph of Don Quixote

    H 46 cm, ⌀ 23 cm

    2023-2024

    Murano Glass, 24K gold leaf and glass enamels